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TI TROVO SU FACEBOOK? a cura di Giulia P.

“Ti trovo su fb”?, “hai fb”?

Ultimamente sono frasi che ho sentito ripetere molto spesso e se rispondi NO sei tagliato fuori!

Proprio l'altra sera ho conosciuto un ragazzo che mi voleva lasciare il suo indirizzo mail e io, in tutta risposta e anche con una piccolissima vena provocatoria, gli ho lasciato l'indirizzo del mio domicilio: beh,non ha colto...!!!

Ho ventisei anni e ho il mio profilo facebook ormai da qualche anno. Non ricordo esattamente come cominciò ma so che mi adeguai alle scelte dei miei amici e loro avevano scelto di essere su un social network. Per molto tempo ha anestetizzato le mie giornate che scorrevano tra una “home”e l'altra; dovevo sapere tutto di tutti. Era la mia culla, il mio amico e compagno. Non potevo perdermi un post, non potevo non postare la frase o la foto più sconvolgente. Scorrevo le pagine sentendomi un'emarginata, provavo ad inserirmi in alcune conversazioni ma sempre in modo sterile; d'altronde ero la prima a non mettermi in gioco. Ero online 24 ore su 24 ma non ero veramente  presente. Volevo stupire, volevo approvazione e se non avevo consensi con “mi piace” ai miei link mi sentivo una fallita. Quel “mi piace” lo vivevo come un va bene da parte dell'altro. Come con la televisione assorbivo tutto come una spugna senza nemmeno pensare alla portata di ciò che pubblicavo.

Essere su fb mi faceva sentire di essere parte di qualcosa di grande ,come se tutta la mia vita fosse li. In effetti, allora, una vita vera non l'avevo. Online potevo essere quella che pensavo l'altro volesse che fossi. Ricordo nitidamente conversazioni in chat in cui infilavo doppi sensi in ogni dove; era facile farlo attraverso uno schermo, la difficoltà era dover mantenere quel ruolo di persona. E anche le foto; di quelle si che dovrei fare un po' di pulizia. Ne ho tantissime che hanno fermato il tempo in quelle serate “da sballo” in cui farsi immortalare con il bicchiere in mano mentre sfoggi il tuo miglior sorriso ti rende una persona felice, che si gode la vita ma, chiaramente, solo agli occhi altrui. Perchè  è questa la magia, è questo il gioco: potersi mettere una maschera che pian piano diventa parte di te perchè è socialmente riconosciuta ( almeno per me è stato e a volte ancora è così). Per non parlare poi della gara, assai triste, di chi ha più contatti. Perchè più contatti hai più vali, più si alza quel numero e maggiormente cresce la tua popolarità. Questo mi ripetevo,questo pensavo di me; aggiungendo “amici” alla mia lista avevo la netta sensazione e convinzione di poter far parte della loro vita rimanendo però nell'ombra...era come spiare dal buco della serratura; pensiero che mi portava solo della gran frustrazione perchè a dei silenzi io associavo la non accettazione altrui.

“FACEBOOK TI AIUTA A RIMANERE IN CONTATTO CON LE PERSONE DELLA TUA VITA”, ma quanti membri di quella lista fanno realmente parte della vita che viviamo? Io se mi armassi di pazienza e coraggio ridurrei notevolmente il numero della mia...

Diciamo la verità, i rapporti si costruiscono vivendoli in prima persona e non per via telematica. Purtroppo,predico bene e razzolo male perchè per molto tempo mi sono adagiata su una tastiera pensando che quella bastasse a costruire un rapporto,un'amicizia,una complicità. Pensiero molto comodo e alibi perfetto; perfetto perchè attraverso la rete tutto è più facile: le emozioni sono filtrate da uno schermo o suggerite da un 'emoticon, non trasmesse, non sentite e comunicate realmente.

Oggi e con nuove consapevolezze ripeto che i social network sono uno strumento del male. Mi fa sorridere questa dicitura perchè male è l'utilizzo che se ne fa. Mi sto affacciando realmente solo ora  al mondo delle relazioni, di qualsiasi tipo siano: tutto ciò mi spaventa, mi fa sentire incapace ma allo stesso tempo mi fa sentire viva nello scoprire l'altro, me e l'altro con me. Ma ricaderci è molto facile...giusto una settimana fa ho usato fb nel modo peggiore. Proprio in questo periodo di cambiamenti sono andata a ricercare le certezze del passato che, alla fine, del tutto certo non era. E così via, tra home e foto di ex fidanzati che ritraggono gli sguardi e i baci che ora sono destinati ad altre. Quelle stesse persone che poi contatti via chat ma che eviti accuratamente quando le incontri per strada per non lasciar trasparire nessuna emozione che quello sguardo e quella vicinanza ti provoca.

Non condanno i social network a priori perchè ritengo che siano un mezzo con un gran potenziale, se usati con criterio.

Mi chiedo: perchè si ha bisogno di comunicare solo attraverso uno schermo dove le probabilità di fraintendimento si moltiplicano enormemente? Le più grani discussioni le ho avute in chat dove potersi attaccare ad una virgola sbagliata era per me molto facile. L'altro doveva capire il mio stato d'animo attraverso il tono di voce nascosto nelle parole e non espresse verbalmente. Ma la comunicazione? Quella vera intendo; il tono, lo sguardo, la postura, la gestualità, perchè perdersi tutto questo?Oddio, io penso che possa essere molto utile come primissimo approccio, soprattutto per chi come come me ha una gran facilità a driblare l'altro..Ok,e poi? Perchè oggi si ha tutta questa necessità di mettere tanta distanza tra due persone? 

Giulia P.

MONDOSOLE E':
- un Centro per l'anoressia e bulimia a Rimini, che svolge un servizio di cura, riabilitazione e reinserimento sociale delle persone con disturbi alimentari.
- una Associazione per la prevenzione, lo studio e la formazione sui disturbi alimentari (anoressia-bulimia), fondata da ChiaraSole Ciavatta e dal Dott. Matteo Mugnani.               CONTINUA

I disturbi alimentari sono patologie incredibilmente dolorose. Il sintomo evidente riguarda sempre il cibo e il corpo, ma è necessario ricordare che si tratta di un male molto profondo, per questo è importante andare oltre alla superficie sintomatica. I sintomi alimentari comunicano emozioni, dolore e sono la manifestazione di un disagio storico spesso incomprensibile per chi lo vive. I sintomi alimentari diventano, paradossalmente, una sorta di rifugio inconsapevole dalla realtà che ha fatto e fa male. Il corpo e il cibo come oggetti che ci si illude di poter controllare. Spesso si ritiene che l’unico problema di chi soffre di queste patologie sia proprio quello del corpo, ma ciò che trae in inganno è proprio il termine DIMAGRIRE. Sul corpo ogni persona materializza il dolore interiore e in questo modo cerca di “dimagrire” proprio di quel dolore che in quel momento non ha un nome.  CONTINUA



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