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Ricerca del conflitto come conferma d’amore

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Ricerca del coflitto come conferma

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Per tanto,tantissimo tempo ho creduto che fosse a causa del mio caratteraccio rissoso e attaccabrighe (come mi ripetevano spesso a casa…) che ero solita prendere a pretesto qualsiasi cosa,anche la più insignificante per litigare… meglio se la discussione era animata.

Come interlocutori sempre e solo i miei Genitori o il mio Compagno.

Mi sembrava di soffrire,di essere dispiaciuta per le tensioni che si creavano,ma a posteriori ho capito che per me aveva uno specifico valore ricercare situazioni conflittuali,mi erano familiari,le riconoscevo come parte del mio vissuto,mi facevano sentire” a casa”e mi tranquillizzavano in un certo senso…ma non potevo certo pretendere che le persone con le quali interagivo sopportassero le mie sfuriate!

Fin quando non l’ho compreso,accettato e digerito non sono stata in grado di smettere di avere bisogno di questa modalità per sentirmi amata.

Si, perché di questo si trattava.

Sono cresciuta in una famiglia in cui CONFLITTO e AMORE sono sempre stati strettamente collegati.

Con la figura della mia Nonna,che mi ha cresciuta. Lei mi adorava,in quanto io ero la sua unica nipote,mentre io la odiavo letteralmente per il suo carattere estremamente invadente e autoritario. Fin da piccolissima ricordo bene le litigate e le urla tra noi.

Ma la vera e più importante figura di riferimento e’stata mio Padre, che tornava dal lavoro arrabbiato e nervoso. Lo vedevo poco,non abbiamo mai avuto un gran dialogo, nell’età della mia prima adolescenza soprattutto, la nostra comunicazione era fatta di insulti e discussioni per qualsivoglia motivazione.

Questa modalità di cercare pretesti per litigare e’durata nel tempo per parecchi anni e si e’ molto accentuata dopo il palesarsi del mio disturbo alimentare,sia nei confronti di mio Padre, che di mia Madre (in forma minore), ma soprattutto del mio Compagno.

Oggi,dopo una lunga rielaborazione del mio vissuto,riesco a vedere chiaramente quanto e come io abbia collegato il conflitto all’espressione dell’amore per me del mio interlocutore…

Del resto era stato così nella mia infanzia:

mia Nonna mi voleva un gran bene, ma discutevamo continuamente,

mio Padre stravedeva per me, ma ci scontravamo ogni giorno a toni molto accesi e usando entrambi anche termini forti.

Ognuno di noi può constatare nel proprio vissuto che l’amore e l’affetto usa spesso codici differenti, parole e gesti diversi e quegli stessi atteggiamenti diventano l’emblema stesso dell’amore anche se sembra contraddittorio.

In seguito poi, crescendo, ho trasferito la stessa identica dinamica nel mio rapporto di coppia. Avevo bisogno di litigare, in modo forte, perché in me era radicata l’idea che fosse necessario per avere la conferma del sentimento del mio compagno nei miei confronti.

Il momento stesso del litigio, i toni alti della voce, le urla, gli insulti, mette in circolo una grande quantità di adrenalina che crea poi anche dipendenza.

OVVIAMENTE tali meccanismi non mi erano noti prima di intraprendere il mio percorso di introspezione e cura,quindi quello che era evidente a me e a tutti era solo la mia costante (e apparentemente immotivata) voglia di litigare.

Comprendere chi sono, da dove vengo, le dinamiche della mia famiglia d’origine e accettare il fatto che i miei genitori prima di essere tali erano a loro volta figli e avevano delle loro personali dinamiche, e’stato necessario e fondamentale per migliorare i miei rapporti interpersonali,innanzitutto con la mia famiglia e anche col mio attuale compagno, al quale ho raccontato e spiegato dettagliatamente il mio vissuto, il che gli e’servito molto per comprendere tante situazioni che prima apparivano assurde e unirci maggiormente.

Silvia M.

Ggenerazione 0%

generazione 0%

riflessione articolo: Generazione 0 %

Ogni generazione ha i suoi simboli e le sue parole d’ordine: Trash, Pulp, Grunge, Mods, New Age, ecc. La nostra, quella dei nostri adolescenti, confusi e storditi, è sottomessa alla parola “ZERO”.
A ben vedere non è un numero perché è la negazione dei numeri, è la loro assenza, e non è una parola perché indica una mancanza, una sottrazione, e dunque non indica e non significa, se non per sottrazione. E’ l’emblema del rifiuto, la reazione all’identità che il consumismo (alimentare e non) ci offre, all’esser nati con la missione precisa di mangiare tutto ma senza prendere peso, inseguendo l’illusione anoressica di non mangiare mai più nulla.
Dolcificanti, bevande gassate, e taglie di abiti, tutti contrassegnati dal nome commerciale “zero”. CONTINUA >>


Dismofofobia. Oltre lo specchio

oltre lo specchio DISMORFOFOBIALa dismorfofobia (dal greco antico dis – morphé, forma distorta e φόβος, phobos = timore) è la fobia che nasce da una visione distorta che si ha del proprio aspetto esteriore.

Oltre lo specchio

“I’ll be your mirror, reflect what you are, in case you don’t know”

Cosa e chi vediamo davvero quando ci guardiamo allo specchio? Quale immagine ci restituisce quella superficie riflettente che tanto spesso abbiamo interrogato? Verrebbe spontaneo rispondere che ciò che vediamo sono semplicemente i nostri connotati fisici, ma il rapporto che un individuo intrattiene con lo specchio è molto più complesso, e quella che vediamo riflessa la maggior parte delle volte non è solo la nostra immagine bensì “un infinito e cangiante caleidoscopio” che muta al mutare del nostro sentire, in un dialogo continuo tra interiorità ed esteriorità, tra il come ci sentiamo e il come ci vediamo. Col pennello della nostra emotività andiamo a dipingere ogni volta un ritratto diverso a seconda di ciò che viviamo in quel dato momento, specie se si ha eletto il corpo come sede e teatro di un’antica sofferenza mai elaborata, di conflitti profondi ed emozioni inascoltate....

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