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ANORESSIA BULIMIA BINGE E…

ANNI DI DOLORE PASSATO OGGI TRASFORMATO  testimonianza e riflessione

Via Sigismondo Pandolfo Malatesta, 38 47921
Rimini, Emilia Romagna, Italy
+39 0541 718283
Per informazioni
e appuntamenti
dal Lunedì al Venerdì
dalle 10.00 alle 13.00

La mia testimonianza... Elisa

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ANORESSIA BULIMIA BINGE E… ANNI DI DOLORE PASSATO OGGI TRASFORMATO Era una Domenica…
nell’ultimo periodo le mie domeniche erano piuttosto uguali, chiusa in casa, ore e ore davanti alla tv con la compagnia del cibo…
Di solito neanche seguivo ciò che passava in tv, ero più impegnata a farmi coccolare dal mio sintomo… in quella domenica pomeriggio ci fu solo una cosa che attirò la mia attenzione, fu un attimo, una scritta in sovrimpressione, MondoSole!
Il giorno dopo mi rimbombavano in mente due parole, MondoSole e via Sigismondo, corsi a comprare una mappa della città di Rimini, andai a cercare quella via e mi trovai di fronte ad un portone di legno, suonai, la porta si aprì, non sapevo neanche io dove stessi andando, non ero riuscita a captare niente altro da quella trasmissione, solo il nome della struttura, salii le scale e mi accolse, in modo molto caloroso, una ragazza… mi chiese se avevo un appuntamento, ero frastornata, disorientata, non ebbi neanche il tempo per rispondere che lei andò a chiamare ChiaraSole.
Uscì una ragazza alta, i capelli lunghi lunghi e due occhi grandissimi, è stato proprio il suo sguardo ad accogliermi, ancor prima del saluto. La seguìì e andammo nel suo studio.
mmhh che profumo, quanta luce, quanti colori….
Iniziammo a parlare, la sentivo molto vicina ma io rimanevo molto fredda e distaccata, gli accennai il motivo che mi aveva portata li…. un dolore lancinante che mi distruggeva l’anima da anni e che parlava solo attraverso il cibo…. lei pronunciò una parola che non avevo mai sentito prima, Binge!!!!
Aveva dato un nome alla mia sofferenza… mi parlo del centro di cura MondoSole, mi parlò della sua esperienza…e con uno sguardo, sincero e rassicurante, mi disse che da questo male si può guarire….
Mi mostrò lo spazio dove le persone in cura si ritrovano e dove si tengono i gruppi… quando la porta scorrevole si aprii mi ritrovai in un locale altrettanto accogliente, come il suo studio…c era un gruppetto di ragazze che stava trascorrendo del tempo insieme e tutte mi salutarono come se fossi una di loro….
A me spaventava l idea di stare con gente che non conoscevo… non sapevo cosa significasse relazionarsi e il solo pensiero di dovermi trovare a stare con gli altri mi faceva venire un’angoscia tale , infatti le dissi….
“Chiara a me spaventa affrontare tutte quelle ragazze che non conosco… non so se tornerò…”
Mi spaventavano davvero cosi tanto quelle ragazze che oltretutto si erano mostrate molto accoglienti nei mie confronti???? o in realtà ciò che mi faceva paura era altro????
Con il senno del poi ammetto che il mio timore aveva ben altre fondamenta….
Non volevo abbandonare quel mondo, completamente al di fuori dalla realtà, in cui vivevo da anni e i cui confini erano fortificati da forme sintomatiche che mi proteggevano da qualsiasi emozione mi facesse sentire viva, e mi trasmettevano al contempo un forte godimento.
Mi dissi che provare non mi sarebbe costato nulla… andai… ricordo ancora come ero vestita, era marzo, avevo addosso un piumino bianco, non lo tolsi per tutto il gruppo, avevo bisogno di nascondere il mio corpo, il brandello del mio dolore… lo sguardo perso… il capo abbassato… e quando mi sbirciavo attorno e qualcuno incrociava i miei occhi e mi rivolgeva la parola mi sentivo divampare il fuoco in viso!
Chiara più volte tentò di spronarmi a parlare ma passarono settimane prima che riuscissi a condividere con le altre ragazze un po’ del mio dolore…. ero ermetica ma nello stesso tempo ascoltando le storie delle mie compagne e riconoscendomi in tanto dolore mi sentivo scoppiare.
Non ho seguito fin dall’inizio l’ iter che il percorso MondoSole prevede. All’epoca vivevo in un appartamento universitario, facevo qualche gruppo, la psicanalisi una volta alla settimana, e intanto a casa custodivo il mio spazio sintomatico che ritrovavo ogni qual volta mi ritiravo e grazie al quale potevo mettere a tacere tutto quel dolore che sentivo montarmi dentro e che non riuscivo a tirare fuori con le parole.
Pian Piano scelsi con fatica di affidarmi…. e solo da questo momento iniziò veramente il mio percorso.
Iniziai a vivermi il gruppo a tutto tondo, dai momenti terapeutici, ai pasti, agli svaghi fino alla convivenza, quando decisi di trasferirmi in una casa MondoSole.
Il sintomo iniziò a scemare, e quella lucidità che piano piano riacquistavo era la chiave di volta per potermi leggere dentro, per capire le ragioni prime di tutta questa sofferenza.
Una madre cupa e fredda nei modi di esprimere il suo amore e severa nell’educazione dei suoi figli…”darcele di santa ragione “ era l’arma che utilizzava per educare me e i miei fratelli.
Un padre assente, nella presenza fisica e nell’autorità.
un padre idealizzato e amato si contrapponeva ad un rapporto di amore ed odio nei confronti di una madre dura e distaccata.
Una ricerca affannosa di amore, come compensazione dei vuoti affettivi lasciati dai miei genitori.
Amore, che andavo a cercare nel cibo con il quale mi riempivo lo stomaco fino a scoppiare, Amore che ricercavo in rapporti ossessivi e simbiotici con ragazzi e amiche…
Avevo bisogno di colmare un buco nero che avevo nella pancia e contemporaneamente avevo l’esigenza di buttare fuori tanto dolore… mangiavo e vomitavo.
Avevo bisogno di una presenza maschile di fianco e qual ora la trovavo, per legarla a me scongiurandone l’allontanamento cedevo in cambio il mio fisico per soddisfarne ogni suo desiderio sessuale… bulimia sessuale.
Mi sono illusa di aver amato una persona per due anni, l ho fatta prigioniero delle mie dinamiche personali, limitando la sua libertà, non rispettando il suo essere, solamente per soddisfare un mio bisogno viscerale… quello affettivo… dipendenza affettiva.
Avevo paura di sentire emozioni, sia belle che brutte…. ho anestetizzato la mia anima, abuso di alcool, cannabis e cibo.
Avevo paura del mio desiderio… i chili in eccesso o in difetto erano l’abito che usavo per nascondere il mio essere donna negando a me stessa la mia sessualità.
Il godimento attraverso i sintomi era l’unica forma di piacere che mi concedevo e che accettavo in quanto non implicava la presenza dell’Altro.
Mi ero creata un mondo parallelo, imballato in una pellicola trasparente che nulla lasciava uscire ed niente poteva entrare, un mondo al confine con la morte, la mia vita stava soffocando.
Non è semplice prendere in mano il dolore, dopo averlo anestetizzato e vomitato per anni, e guardarlo, sentirlo, viverlo e riuscire a metabolizzarlo, ovvero accettarlo con consapevolezza.
Ma è da qui che bisogna iniziare, passare, per capire chi siamo e ricominciare a costruire la nostra vita mattone su mattone pur riconoscendo che le nostre fondamenta sono fragili e dolorose.
Il percorso verso la guarigione, in quanto tale, è fatto di passaggi luminosi e gioiosi, di sentieri più oscuri, difficili da attraversare, si può inciampare in qualche difficoltà e avere una ricaduta sintomatica, si ritrova la forza per proseguire cosi come può venire la voglia di abbandonare il cammino e tornare indietro.
Mi sono trovata più di una volta di fronte ad un bivio …. stavo scegliendo di abbandonare la strada percorsa fino a quel momento pur di non rinunciare al godimento sintomatico della bulimia sessuale… Ho stampata nella mente l immagine della mia camera imballata e delle valige pronte sul ciglio della porta in partenza alla volta della malattia anziché della vita.
Anche quando si assapora il primo benessere, si tende ad abbassare la guardia, ci si sente forti, onnipotenti e si rischia di disorientarsi e di prendere una strada sbagliata, in questo caso fu la ricomparsa del sintomo come campanello d’allarme, a riportarmi sulla giusta via.
Il mondo del lavoro è stato un altro ostacolo che ho incontrato durante il mio tragitto e non è stato semplice superarlo. Per me significava doversi rapportare con un autorità, ed io come forma di autorità sopra di me conoscevo solo quella di mia madre, che mi aveva tanta spaventata fino dall’infanzia.
Lavorare era sinonimo di indipendenza economica, provvedere io stessa al mio mantenimento voleva dire rinunciare al denaro di mio padre che per me ha sempre rappresentato il suo modo di dirmi ci sono e ti voglio bene.
Lavorare significa assumersi delle responsabilità, rispettare orari, sottostare a comandi…. un insieme di verbi che nel vocabolario che avevo allora erano sono sostituiti da un unico termine Anarchia.
Questa è la mia storia, questo è il percorso che ho seguito e che seguo rinnovando di giorno in giorno le tappe da fare gli obbiettivi da raggiungere…
per me Guarire non è la meta del mio cammino ma Bensì la partenza….HO SCELTO di guarire e quindi HO SCELTO di intraprendere un percorso chiamato VITA.
Oggi quando mi presento a qualcuno e pronuncio "piacere Elisa", sento il valore della mia identità che il nome rappresenta semplicemente.
Un valore e un identità che ho conosciuto a poco a poco e che oggi traspare dalla persona che sono.
Un giorno non pensavo di farcela e invece eccomi sono Elisa e ce l ho fatta.
Sono una persona che riesce a viversi le proprie emozioni, dall' amore al dolore, che si ascolta e si rispetta, che si vive l’Altro permettendogli di entrare nella mia vita, ho un lavoro, sto concludendo gli studi universitari, ho degli obbiettivi futuri, e non ho paura di guardarmi alle spalle, non ho paura del mio passato, non voglio dimenticarlo, ma voglio ricordarlo per quanto sia stato importante per la mia crescita e per quanto possa aiutare chi oggi soffre e non trova uno spiraglio di luce.

Chiudo con una canzone di Ligabue “La verità è una scelta”, perché credo che qualora si SCEGLIE di voler guarire, si SCEGLIE di conoscere la VERITA’ su ciò che siamo e su quelle che sono le nostre origini e non è sempre un IMPRESA FACILE.
Una volta che si conosce la VERITA’, e allo stesso tempo si conosce QUANTO E’ PROFONDO IL POZZO si SCEGLIE se vivere alla luce del sole o nell’oscurità della notte.

Con grande affetto
a tutte le ragazze di MondoSole
di ieri di oggi e a quelle che verranno.
Elisa 

Un post condiviso da ChiaraSole Ciavatta (@chiarasolems) in data:

 

 

 

Riflessione ideale anoressico

ana dca ti divora da dentro

Si è portati a pensare che l’anoressia sia solo restrizione assoluta alimentare.
Così come si pensa che una persona ammalata di anoressia sia solo una persona di pochi chilogrammi.
A me sembra decisamente riduttivo!
E’ vero che molte persone arrivano a pesare pochi chili, ma quelle stesse persone quando hanno cominciato a variare la loro alimentazione pesavano diversamente e non erano forse comunque anoressiche?
Il vocabolario descrive l’anoressia mentale come sindrome nevrotica caratterizzata dal rifiuto sistematico del cibo e questa è l’idea comune delle persone, ma assolutamente riduttiva e incompleta del dramma che si vive.
L’anoressia è una forma mentis.
Quando io ero anoressica ho vissuto brevi periodi di digiuno. Ricordo le mie giornate profondamente ossessive. Ogni cosa aveva orari. Il mio ideale di perfezione era assolutamente surreale. A scuola dovevo avere tutti 11: un 9 era un fallimento.
I cibi erano accuratamente selezionati. Gli affetti dovevano essere controllati. Ogni cosa doveva essere sotto il mio controllo e se non lo era vivevo frustrazioni dolorose. Non sentivo la stanchezza grazie all’iperattività e ai nervi anoressici che mi tenevano su in una forma di euforia onnipotente.
Se qualcuno mi diceva che qualcosa non andava io non gli davo retta, io sapevo cosa dovevo fare.
Io ero anoressica in tutto, in tutte le sfere della vita.
Avevo grandi problemi relazionali con le compagne di scuola.

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