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Riflessione: il Dolore non (sempre) si vede, ma ESISTE!

stereotipi della malattia DCA

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Il Dolore non (sempre) si vede, ma ESISTE!

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IL DOLORE NON SEMPRE SI VEDEPer tutta la vita non avevo mai detto a nessuno di essere malata. In verità nemmeno io riconoscevo di esserlo. Mai avevo espresso a parole il grande dolore e disagio che sentivo dentro, che mi distruggeva piano piano. Quando finalmente decisi di curarmi e raccontare alle persone care la mia malattia, tutti furono profondamente sorpresi. Nessuno avrebbe mai immaginato che io stessi così male. Tutti mi dicevano “Ma da fuori non si vedeva niente”. E in effetti io, a parte in un paio di precisi momenti storici, non ho mai avuto grandi oscillazioni di peso che potessero far pensare a disturbi alimentari. Sembravo una ragazza “normale”, solo un po’ fissata con la linea, che in certi periodi prendeva peso e allora si metteva a dieta. Cosa del tutto comune. Nessuno avrebbe mai potuto immaginare che dietro a quell’apparente normalità si celava un dolore immenso che non trovava altro modo di esprimersi se non attraverso il cibo e il corpo.
Per l’opinione pubblica infatti una ragazza soffre di disturbi alimentari solo e se è in evidente sottopeso, con le ossa sporgenti e il viso cianotico, e questo è sicuramente vero per tante persone malate, ma non per tutte. Ci sono tantissime ragazze, donne e uomini, che soffrono e il loro dolore non si manifesta in nessuna particolare immagine stereotipata. Persone normopeso o leggermente in sovrappeso, sono giudicate “normali” da occhi esterni, ma dentro nascondono un dolore profondissimo. E questo è un paradosso persino per le persone che soffrono di queste patologie, proprio perché sentono di non essere riconosciute come malate.
Ricordo benissimo che una delle mie paure più grandi appena decisi di intraprendere il mio percorso di cura, fu quella di non essere creduta e accettata dalle altre ragazze ospiti del centro. Io non avevo un certo corpo, non pesavo x chili, pertanto (nella mia testa) io non sembravo malata, non ero malata. Quando entrai nella sala dove c’erano tantissime ragazze, una diversa dall’altra, tutte apparentemente “normali”, mi resi conto che il pregiudizio nei confronti di questa malattia era prima di tutto il mio, perché da fuori il dolore altrui spesso -purtroppo- non si vede!
Ho capito solo dopo, durante il percorso, che la mia paura non era tanto quella di non essere abbastanza magra da essere considerata malata, ma che il mio dolore non fosse abbastanza grande da meritare attenzione e cura. Avevo troppa paura di non essere capita, di non essere amata, di non essere esattamente come pensavo che gli altri mi volessero. E’ stata dura uscire da questa logica, ma con il tempo ho capito che l’unico strumento per esprimere il proprio dolore è la PAROLA perché, anche se inconsciamente cerchiamo di comunicare la nostra sofferenza attraverso il corpo, da fuori il nostro dolore non (sempre) si vede!
Vale G.

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HTML5 Coded TemplateLa Fondatrice ChiaraSole Ciavatta è stata malata di anoressia-bulimia per 14 anni. L’esperienza di ex-malata l’ha portata a decidere di rimanere nel sociale per mettere la sua esperienza a disposizione di chi soffre di anoressia e bulimia. Dopo la guarigione ha iniziato la sua attività di volontariato, attraverso il sito internet www.chiarasole.it accogliendo richieste di aiuto da tutta Italia via e-mail e telefono. Nel 2002 si forma come operatore sociale. Ha pubblicato, nel 2003, un libro autobiografico sulla sua malattia [ChiaraSole. Anoressia e bulimia: un'esperienza di vita e di morte. Prefazione di Gianna Schelotto]. E’ ospite di trasmissioni televisive Rai e Mediaset per fare prevenzione e sensibilizzazione sui sintomi alimentari, è docente di corsi post-universitari e relatrice di numerosi convegni sull'anoressia-bulimia. Come operatore sociale volontario ha assistito migliaia di malate/i e famiglie, collaborando con vari Ospedali e Centri Specializzati in Disturbi Alimentari. Dal 2004 ha fondato e gestisce, insieme ad uno staff clinico, il Centro MondoSole di Rimini. Nel 2008 ha ricevuto il Premio MilanoDonna per il suo impegno nel sociale.CONTINUA >> 

 

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