Redirect in corso... BED; binge eating disorder; riflessione e testimonianza| MondoSole

BED

binge eating disorder

testimonianza riflessione

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Riflessione e testimonianza

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BED binge eating disorder riflessione e testimonianza ChiaraSole….il binge è stato il varcare una soglia sconosciuta devastante.
Me ne ero dimenticata, ma con le varie rielaborazioni, ho ricordato che già ne soffrivo da piccolina, dall’età di 6 anni circa. Ma allora lo vivevo solo come piacere senza veri sensi di colpa personali, ma solo verso le persone accanto a me.
Questo ingresso, in questo mondo fatto di regole nuove è stato allucinante.
Dopo quella prima piccola perdita di controllo per un po’ di tempo ho ripreso la mia routine, con i miei yogurt, i miei biscotti tristi, la mia corsa.
Pensavo che tutto fosse rientrato.
Quei devastanti sensi di colpa erano un ricordo, c’erano quelli quotidiani, quelli che facevano parte ormai della mia vita. Il pensiero di aver mangiato troppo. Il costante pensiero del cibo, il controllo degli affetti… ecc.
Ma poi le cose sono sempre più crollate… quel giorno, quello che ho battezzato come IL PASSAGGIO ha segnato una nuova fase della mia malattia quella del binge. Gli attacchi compulsivi inizialmente erano distanti e io cercavo di recuperarli con i digiuni, con la corsa e non mi rendevo conto che così facendo ne chiamavo altri in realtà.
Da lontani sempre più vicini. IL binge è stato il peggioramento dell’anoressia.
Ricordo che in quella prima fase sono passata da 54 kg a 90 in poco tempo quando le abbuffate si sono intensificate. Non riuscivo a stare lontana dal cibo.
Era una compulsione continua. Quello che chiamo il giro.
Uscivo di casa… rubavo, dovevo mangiare, mangiare, mangiare! Come a dover recuperare per 1000 tutto quello che non avevo ingerito fino a quel momento.
Che vergogna. Andavo a scuola, ma facevo di tutto per evitarlo. Mi facevo letteralmente schifo, mi scuso per il linguaggio, ma non saprei definirlo in altro modo.
Tendevo a colpevolizzarmi molto perché pensavo di non avere forza di volontà a sufficienza. Non capivo che era una patologia. Sentivo che esisteva in me qualcosa che era potente, ma continuavo a sottovalutarlo.
Tanti buoni propositi, la fatidica espressione DA DOMANI… continuando a sottovalutare quella belva che si nutriva di me. E intanto continuavo a peggiorare. Si trattava della fine degli anni ’80 inizio ’90. Questa problematica non era minimamente considerata.
Trovavo sollievo solamente mentre ingurgitavo qualcosa, ma non cibo qualunque. Tutti quegli alimenti di cui nel tempo mi ero privata o che comunque avevo mangiato con grande parsimonia e controllo: dai carboidrati in poi.
Quando non mangiavo il senso di vuoto e solitudine era talmente forte da desiderare solo di morire.
Ero stanchissima, senza energie. Con una depressione importante.
E’ difficile da spiegare tutto questo, ma so bene che chi mi sta leggendo lo capisce profondamente, purtroppo.
Ed è anche per questo che ti invito ad alzare una mano con quel briciolo di energia che ti senti di avere per chiedere aiuto.

@ChiaraSoleMS


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Riflessione ideale anoressico

ana dca ti divora da dentro

Si è portati a pensare che l’anoressia sia solo restrizione assoluta alimentare.
Così come si pensa che una persona ammalata di anoressia sia solo una persona di pochi chilogrammi.
A me sembra decisamente riduttivo!
E’ vero che molte persone arrivano a pesare pochi chili, ma quelle stesse persone quando hanno cominciato a variare la loro alimentazione pesavano diversamente e non erano forse comunque anoressiche?
Il vocabolario descrive l’anoressia mentale come sindrome nevrotica caratterizzata dal rifiuto sistematico del cibo e questa è l’idea comune delle persone, ma assolutamente riduttiva e incompleta del dramma che si vive.
L’anoressia è una forma mentis.
Quando io ero anoressica ho vissuto brevi periodi di digiuno. Ricordo le mie giornate profondamente ossessive. Ogni cosa aveva orari. Il mio ideale di perfezione era assolutamente surreale. A scuola dovevo avere tutti 11: un 9 era un fallimento.
I cibi erano accuratamente selezionati. Gli affetti dovevano essere controllati. Ogni cosa doveva essere sotto il mio controllo e se non lo era vivevo frustrazioni dolorose. Non sentivo la stanchezza grazie all’iperattività e ai nervi anoressici che mi tenevano su in una forma di euforia onnipotente.
Se qualcuno mi diceva che qualcosa non andava io non gli davo retta, io sapevo cosa dovevo fare.
Io ero anoressica in tutto, in tutte le sfere della vita.
Avevo grandi problemi relazionali con le compagne di scuola.

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