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Intervista a ChiaraSole su VanityFair.it

 

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Intervista a ChiaraSole anoressia bulimia binge eating

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«Vomitavo 40 volte al giorno»
ChiaraSole ha convissuto con i disturbi alimentari per 14 anni. È arrivata a pesare 36 kg ma anche 90, ha tentato di togliersi la vita, ha cercato di curarsi in più modi e, alla fine, ci è riuscita. Oggi sta bene e ha fondato l'associazione MondoSole. Nella Giornata dedicata ai disturbi alimentari vi raccontiamo la sua storia
di Alessia Arcolaci
«Vomitavo anche quaranta volte al giorno, il primo digiuno l'ho fatto in quinta elementare». La battaglia di ChiaraSole, riminese che oggi ha 42 anni, contro i disturbi alimentari, è iniziata, come spesso accade, con una dieta drastica.

Dopo quel primo digiuno forzato ChiaraSole ha combattuto con anoressia, bulimia e binge etaing (ovvero abbuffate senza vomito dopo) per 14 anni.

In occasione della Giornata dedicata ai Disturbi Alimentari che si celebra il 15 marzo, ci ha raccontato com'è sopravvissuta a una malattia così profonda, che le divorava il corpo ma anche la testa.
«La dieta è stata il fattore scatenante per la mia malattia ma, dietro quel malessere, si nascondevano una serie di traumi che solo dopo tanti anni sono riuscita a rielaborare». Quando iniziamo a parlare, ChiaraSole si sta preparando per incontrare un gruppo di ragazze e ragazzi che combattono ogni giorno con l'alimentazione. Lo fa ogni giorno, nell'associazione MondoSole, che ha fondato insieme al dott.Matteo Mugnani, e con cui aiuta centinaia di persone che com'è stato per lei, si scontrano con i disturbi alimentari.

«Io soffrivo di anoressia, bulimia e binge eating. Il mio peso oscillava tra i 36 e i 90 kg, ero profondamente depressa - racconta ChiaraSole-. Alternavo momenti in cui cercavo in tutti i modi una via per la guarigione ad altri in cui credevo che fosse impossibile uscirne».

Insieme a sui fratello, ChiaraSole è andata anche all'estero con la speranza di stare meglio, prima in Svizzera, poi in Florida. «Eravamo disperati, io ero arrivata a mangiare anche 20 kg di pasta al giorno, lo facevo di nascosto anche se in realtà lasciavo sempre dei messaggi subliminali sperando che qualcuno si accorgesse di quello che stavo vivendo. Per esempio vomitavo ma non pulivo bene il bagno, oppure finivo tutto il cibo che c'era in casa».

Grazie ad un percorso di analisi psicoperapeutica serrata, continuata per tre anni, ChiaraSole ha iniziato a rendersi conto che, con i suoi disturbi dell'alimentazione, in realtà cercava di comunicare disagi e traumi che per lei erano ancora nascosti.

«Sono stata anche in una comunità per tossicodipendenti pensando che potesse aiutarmi, non ricordo nemmeno quante volte mi hanno ricoverata. Il problema reale era anche dato dal fatto che in quegli anni, l'anoressia non era considerata una malattia ma io sapevo che un dolore simile non poteva essere solo un disturbo».

In Italia sono 3 milioni i giovani che soffrono di disturbi del comportamento alimentare: il 95,9 per cento sono donne, il 4,1 per cento uomini ma l'età in cui queste patologie si presentano scende sempre di più, riguardando anche bambini e pre-adolescenti. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, le patologie di tipo anoressico e bulimico rappresentano tra le giovani la seconda causa di morte dopo gli incidenti stradali.

«Avevo molto spesso delle crisi isteriche, davo i pugni contro il muro, mi sono rotta una mano. Erano i momenti in cui non vedevo via d'uscita. Si alternavano a quelli in cui, nonostante il dolore, pensavo che restare in quella situazione fosse meglio, perché la conoscevo». Il momento più tragico Chiara Sole l'ha toccato quando è arrivata a cercare di togliersi la vita.

«Ho ingerito tantissimi farmaci, poi ho telefonato a una persona che abitava molto lontana da me e gli ho detto ciò che avevo fatto. Ho pensato che se fosse arrivata in tempo per salvarmi significava che non era il mio momento, altrimenti sarei morta».

Dopo essere rimasta alcuni giorni in coma, ChiaraSole si è svegliata. «Quando mi sono resa conto di essere sopravvissuta ho deciso di tatuarmi un sole ed è iniziata la risalita». Giorno dopo giorno ChiaraSole ha visto le sue ossessioni diventare sempre più deboli fino a sparire, «quando stavo male contavo tutto, contavo il cibo nel piatto, contavo gli scalini che salivo, mi lavavo in maniera ossessiva e avevo un rapporto ovviamente negativo con la bilancia che aveva il potere di capovolgere la mia giornata».

Oggi ChiaraSole lavora a tempo pieno nella sua associazione. «Un giorno ho deciso di raccontare la miasi può guarire campagna mondosole vanityfair storia sul web, ho creato un sito e ci ho messo la mia foto. Volevo dire alle persone che stavano combattendo con la malattia che guarire è possibile». Da quel giorno molte persone incontrano ChiaraSole, che negli anni è diventata operatrice sanitaria, e grazie anche al suo aiuto, imparano a stare meglio.

«Oggi sia il cibo che il corpo sono tornati ad essere solo cibo e corpo. Prima magari in un panino c'erano per esempio mamma e papà, un mondo che andava sviscerato. Un altro pianeta, che è quello in cui vive chi si ammala. Oggi il mio rapporto col cibo e con la bilancia è quello che potrebbe avere chiunque».

 

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Riflessione ideale anoressico

ana dca ti divora da dentro

Si è portati a pensare che l’anoressia sia solo restrizione assoluta alimentare.
Così come si pensa che una persona ammalata di anoressia sia solo una persona di pochi chilogrammi.
A me sembra decisamente riduttivo!
E’ vero che molte persone arrivano a pesare pochi chili, ma quelle stesse persone quando hanno cominciato a variare la loro alimentazione pesavano diversamente e non erano forse comunque anoressiche?
Il vocabolario descrive l’anoressia mentale come sindrome nevrotica caratterizzata dal rifiuto sistematico del cibo e questa è l’idea comune delle persone, ma assolutamente riduttiva e incompleta del dramma che si vive.
L’anoressia è una forma mentis.
Quando io ero anoressica ho vissuto brevi periodi di digiuno. Ricordo le mie giornate profondamente ossessive. Ogni cosa aveva orari. Il mio ideale di perfezione era assolutamente surreale. A scuola dovevo avere tutti 11: un 9 era un fallimento.
I cibi erano accuratamente selezionati. Gli affetti dovevano essere controllati. Ogni cosa doveva essere sotto il mio controllo e se non lo era vivevo frustrazioni dolorose. Non sentivo la stanchezza grazie all’iperattività e ai nervi anoressici che mi tenevano su in una forma di euforia onnipotente.
Se qualcuno mi diceva che qualcosa non andava io non gli davo retta, io sapevo cosa dovevo fare.
Io ero anoressica in tutto, in tutte le sfere della vita.
Avevo grandi problemi relazionali con le compagne di scuola.

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