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Da Anoressica a Bodybuilder. E guarire???

 

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La mia esperienza con il bodybuilding culturismo e palestra quando ero malata

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In tanti anni di malattia si sono sommate varie fasi della stessa come vale per ogni persona che soffre o ha sofferto di disturbi alimentari.
Ho raccontato tante cose del mio vissuto, ma ovviamente raccontare interamente oltre 14 anni di vita è cosa complessa.
Alla luce di questo fenomeno così dilagante e cioè dell'incitamento alla palestra come metodo di cura per chi soffre di disturbi del comportamento alimentare, desidero raccontare la mia esperienza diretta di quando stavo male.


Quando mi sono ammalata di anoressia ovviamente il primo sentire è stato quello di avvertire il mio corpo come ingombrante inadatto e che in generale io non andavo bene MAI ed è partita l'inesorabile illusione di controllo su me, sul mio corpo e su tutto.
Ricordo chiaramente che vestivo solamente con maglia estremamente lunghe per coprirmi.
Ho avuto fasi lunghe, lunghissime durante le quali praticavo corsa fino a 20 km al giorno e qualora non mi fosse stato possibile farlo mi sentivo mortalmente in colpa, in poche parole si trattava di sport compulsivo.
Alla fine degli anni 80 c'è stato un grande boom inerente al culturismo o bodybuilding.
Nascevano aziende molto importanti estremamente famose oggi.
Ho cominciato, seguita da un personal trainer rinomato sul territorio, a praticare questo sport, a cambiare sport ma nella sostanza alla fine si è rivelata essere la stessa cosa ma semplicemente diverso nella forma.
Quindi sono passata dal classico tapis o cyclette al bodybuilding.
Ero seguita psicoterapeuticamente ma è evidente che non vi erano sufficienti conoscenze per comprendere che si trattava di un'evoluzione della malattia.
Ricordo benissimo le sessioni di allenamento basate giorno per giorno, o a giorni alterni, sulle varie parti del corpo.
Ricordo il fatto che ero stata invitata a nutrirmi ogni tot ore (mi sembra ogni 3 ore) per la massa muscolare e per tutto un discorso basato sul metabolismo.... passavo da cibi normali a barrette proteiche e una sorta di pappine che si presentavano in polvere e con acqua diventavano mangiabili si trattava sempre di sostanze proteiche, aminoacidi, vari tipi di integratori e tanti altri passaggi alimentari.
In quel momento, nel pieno della malattia, mi sono affidata a chi pensavo ne sapesse più di me perché ritenevo quello stile di vita un aiuto a quanto stavo vivendo, inoltre pensavo che si trattava di sport e lo sport si sa che fa bene e che era una vita sana, con cibi sani, con nutrienti sani quindi non ci vedevo nulla di male, anzi.
Per un periodo ho inconsciamente gridato quasi al "miracolo" perché sono passata dall'indossare quelle maglie lunghissime per coprirmi a sfoggiare un corpo scolpito e "sano".
Ricordo che era mia premura indossare sempre maglietta molto corte e jeans a vita bassa per mettere in evidenza i miei addominali. Ricordo le varie tutine aderenti...
E nel mio cuore ingenuo di ragazzina malata, pensavo "dai è fatta, adesso sto bene, finalmente il peggio è passato: mi nutro, mi occupo del mio corpo, mi piaccio, insomma va tutto bene".
Ricordo chiaramente il periodo perché il 9 settembre del 1989 si svolse nella sala congressi di Rimini mister Olimpia e ricordo anche che il vincitore fu Lee Haney.
Nonostante la terapia che portavo avanti ero convinta che quello era il modo per stare bene.
Ma ribadisco che chi mi seguiva non aveva e probabilmente non poteva avere sufficienti competenze inerenti al complesso mondo psicologico dei disturbi alimentari.
Mi ricordo contenta, finalmente potevo anch'io fare delle fotografie: cosa che non ho mai fatto nei periodi peggiori della malattia sia per quanto concerne un peso in difetto, sia per un peso in eccesso. Era sempre un categorico no alle foto.
In quel periodo invece non era assolutamente così, mi ero profondamente illusa di aver risolto tutto.
La palestra era stata la mia soluzione per amarmi, per piacermi, di questo ero convinta.
Ho capito solo dopo, molto dopo, che avevo spostato un'idea di controllo sul corpo con un'altra idea sempre di controllo sul corpo, solamente in una forma diversa.
Il punto è che riguardava sempre il primo sintomo dei disturbi alimentari e cioè l' attenzione sul corpo e, parlando di malattie psicologiche, è evidentemente anche ad un profano di queste patologie che si tratta di un grande paradosso.
Per guarire da questi mali terribili si parte da dentro e non da fuori.
Cosa è successo dopo e storia... tutto nel tempo è degenerato con il binge eating, con la bulimia eccetera eccetera.
Ovviamente sono ritornate le mie super maglie iper coprenti che mi servivano per coprire il mio corpo e ho capito solo dopo che in realtà cercavo di coprire ciò che sentivo dentro di me e cioè tanta confusione piena di cause che mi hanno poi portato ad ammalarmi di disturbi alimentari.
Ognuno di noi ha attraversato varie fasi di questa malattia e il mio invito è quello di concentrarsi su un reale percorso di cura con professionisti specializzati in disturbi alimentari che possono sostenere i aiutarvi a comprendere come mai inconsciamente ci si è chiusi in una gabbia piena di sintomi potenzialmente mortali. Non sminuiamo questo male così grave pensando che fare palestra possa far guarire, anzi diamo a questo male la dignità che deve avere.
Personalmente nell'arco degli anni di malattia ho cercato tantissime scorciatoie che oggi so essere state malate e in fondo assecondavano il tutto e subito di cui necessitavo.
Questa è la mia esperienza con la quale ovviamente non voglio demonizzare lo sport, il bodybuilding ne nessuna pratica sportiva, ma solamente mettere in guardia chi soffre come ho sofferto io nel non spostare la propria sofferenza da una modalità di esprimerla ad un'altra.
Per qualunque cosa rimango a disposizione con tutto il mio cuore.

ChiaraSole Ciavatta

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Riflessione ideale anoressico

ana dca ti divora da dentro

Si è portati a pensare che l’anoressia sia solo restrizione assoluta alimentare.
Così come si pensa che una persona ammalata di anoressia sia solo una persona di pochi chilogrammi.
A me sembra decisamente riduttivo!
E’ vero che molte persone arrivano a pesare pochi chili, ma quelle stesse persone quando hanno cominciato a variare la loro alimentazione pesavano diversamente e non erano forse comunque anoressiche?
Il vocabolario descrive l’anoressia mentale come sindrome nevrotica caratterizzata dal rifiuto sistematico del cibo e questa è l’idea comune delle persone, ma assolutamente riduttiva e incompleta del dramma che si vive.
L’anoressia è una forma mentis.
Quando io ero anoressica ho vissuto brevi periodi di digiuno. Ricordo le mie giornate profondamente ossessive. Ogni cosa aveva orari. Il mio ideale di perfezione era assolutamente surreale. A scuola dovevo avere tutti 11: un 9 era un fallimento.
I cibi erano accuratamente selezionati. Gli affetti dovevano essere controllati. Ogni cosa doveva essere sotto il mio controllo e se non lo era vivevo frustrazioni dolorose. Non sentivo la stanchezza grazie all’iperattività e ai nervi anoressici che mi tenevano su in una forma di euforia onnipotente.
Se qualcuno mi diceva che qualcosa non andava io non gli davo retta, io sapevo cosa dovevo fare.
Io ero anoressica in tutto, in tutte le sfere della vita.
Avevo grandi problemi relazionali con le compagne di scuola.

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